Dopo il successo del Festival Reich, organizzato due anni fa da Musica per Roma, il grande musicista americano Steve Reich ritorna in Auditorium, all’interno della stagione Contemporanea.
Tonino Battista
Nel programma una prima creazione assoluta, 2x5, l’ultimo lavoro del maestro, qui eseguito nella versione originale per 4 chitarre elettriche, due bassi elettrici, 2 tastiere e due batterie. Insieme verrà eseguita un’altra versione integrale: Electric Counterpoint per 15 chitarre elettriche. La seconda parte è dedicate all’ascolto di uno dei capolavori assoluti del Maestro: City Life. Omaggio alla sua musa, New York, questa innovativa sinfonia è una sorta di descrizione sonora di una giornata nella caotica metropoli. Taxi, Metro, slang della folla, traffico, armonizzati con i suoni degli strumentisti, per realizzare la migliore “colonna sonora” che New York abbia mai avuto. Un’atmosfera congelata dall’ultimo movimento, dove l’arte del genio minimalista tocca il suo apice, sostituendo al suono palpitante della città le sirene, le grida, le comunicazioni radio del New York Fire Department durante il primo attacco al World Trade Center del 1993.
Steve Reich, 73 anni appena compiuti, è un compositore rock? La domanda può sembrare azzardata, ma non è che un tassello di un mosaico molto più vasto ed esteso. Il cui punto interrogativo, di conseguenza, è assai più vistoso. E appare inevitabilmente alla fine di questa ben più impegnativa proposizione: che “razza” (scusando il termine improprio) di compositore è mai Steve Reich? Di sicuro, se non è (ancora) un compositore rock (del resto passati i Settanta un musicista può concedersi qualsiasi lusso…) Steve è senz’altro un compositore pop. Nel senso più limpido, e anglosassone, del termine. Pop come popular, popolare, ma non “folk” come magari si intende a casa nostra, piuttosto “appartenente alla coscienza collettiva” oppure “parte integrante della storia musicale recente del proprio paese”.
Insomma un musicista che se vai in un drugstore del Minnesota a fare una inchiesta almeno sette dei dieci clienti chini su un piatto di hamburger e patatine ti dicono: “Ah, si Steve Reich, devo averlo sentito da qualche parte…”. Non pop come Madonna, insomma ma almeno come Al Gore, si! E non è affatto un caso che di molti dei suoi pezzi storici si siano impossessati, filtrandoli attraverso le maglie larghe del remix, alcuni dei nomi cardine della scena underground internazionale, destino che Reich condivide con pochissimi altri “numi” del firmamento classico: Varèse, Stockhausen, Scelsi e pochissimi altri… Del resto, per l’appunto, Mr. Reich non può non appartenere, per diritto storico acquisito, anche all’universo della “classic music”, quella che se vai al Virgin Store di Times Square, New York City, la trovi attraversando due porte di cristallo pesante, nel silenzio ovattato di una moquette alta cinque centimetri, diffusa a volume “ambient” da piccoli altoparlanti invisibili. Mentre fuori, ovviamente, c’è l’inferno di cristallo…
La musica di “classic Reich” (ma ormai anche quella di “pop Reich”) si studia nelle università, si analizza nei convegni, si studia nei Conservatori, finisce senza neanche discutere nei manuali della storia della musica colta occidentale. Miracoli della ricezione, si dirà, che di solito trascendono (in quanto miracoli…) le stesse intenzioni dei “recetti”… Eppure a Mr Reich non basta. Entrato anagraficamente nella terza età si riscopre musicalmente “adolescente” e non esita (ecco il senso della domanda primigenia) a occupare un’altra casella del mosaico, quella dove c’è scritta una parola sacra, apparentemente inviolabile: “rock”. Si perché l’ultima opera nata nella operosissima officina di Reich and Friends, 2x5, al di là del titolo vagamente glass-varesiano, è o dovrebbe/vorrebbe essere, per esplicita ammissione dell’autore, un pezzo rock. Si tratta per l’autore di Tehillim, di una sorta di ritorno al passato, vale a dire alle forme ritmiche “hard” delle prime opere, sottoposte però, attraverso l’adozione del tipico rock-band set up, ad una forte espansione timbrica e strumentale.
La partitura prevede due set di cinque strumenti (da qui il titolo): quattro chitarre elettriche, due tastiere, due bassi elettrici e due batterie. E in questa forma verrà eseguito, in prima assoluta, nel corso del concerto monografico che dopo il “Festival Reich” di due anni fa il compositore ha voluto riservare a “Contemporanea”. In una diversa formazione, ossia cinque musicisti più nastro registrato, il pezzo è stato eseguito a Manchester nel luglio del 2009 dal Bang on a Can Ensemble nel corso di una serata che ha avuto come guest band (forse non a caso…) i pionieri del hard rock elettronico tedesco: i leggendari Kraftwerk.
Accanto all’opus ultimo di Reich due “classici” del passato recente: la versione originale di Electric Counterpoint del 1987, concepito per un ensemble di 12 chitarre elettriche e due bassi elettrici, e la versione integrale di City Life del 1995, uno dei capolavori riconosciuti del cosiddetto post minimalismo. Diviso in cinque movimenti di carattere “programmatico” questa sorta di grande poema sinfonico dedicato alla città di New York presenta tutti i caratteri del descrittivismo sonoro di ambientazione urbana inaugurato da Gershwin, da Varèse e da George Antheil negli anni venti del secolo scroso.
La partitura prevede, oltre al classico organico orchestrale rigorosamente amplificato, anche una serie di “effetti sonori” di matrice esemplarmente realistica: clacson, freni di automobile, allarmi, sirene, porte che sbattono, battiti cardiaci, suoni di metropolitana e infine le voci degli uomini e degli donne di New York registrate dallo stesso Reich nei dintorni della sua casa newyorkese… L’ultimo suono, quello che chiude la sezione intitolata “Heavy Smoke“, è quello delle comunicazioni radio del New York Fire Department durante il primo attacco al World Trade Center del 1993. Guido Barbieri.
Steve Reich - Sito ufficiale
Auditorium Parco della Musica
La partitura prevede, oltre al classico organico orchestrale rigorosamente amplificato, anche una serie di “effetti sonori” di matrice esemplarmente realistica: clacson, freni di automobile, allarmi, sirene, porte che sbattono, battiti cardiaci, suoni di metropolitana e infine le voci degli uomini e degli donne di New York registrate dallo stesso Reich nei dintorni della sua casa newyorkese… L’ultimo suono, quello che chiude la sezione intitolata “Heavy Smoke“, è quello delle comunicazioni radio del New York Fire Department durante il primo attacco al World Trade Center del 1993. Guido Barbieri.
Steve Reich - Sito ufficiale
Auditorium Parco della Musica
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