7 maggio 2014

IN VESPA | Veni, vidi, vici - Peloponneso, Giorno 14

© Luca Occhilupo
Alla fine di ogni viaggio non si pensa mai alla fine, ma all’inizio, e si tirano le somme. Si ripensa alla partenza, alle prime persone incontrate, alle seconde e poi alle terze. La fine di ogni viaggio impone nostalgia, nostalgia per i sentimenti che animavano la partenza, l’inizio. E i miei pensieri vanno a quelle persone che poi ho incontrato sul traghetto per Elafonisso e a Tanas lì, eroe solitario, sull’acropoli di Messene, ripenso a quella donna che leggeva Fabio Volo sul traghetto di Brindisi e ai leccesi incontrati a Olimpia il secondo giorno. Ripenso all’arrivo sul suolo greco, animato da mille speranze, mille vite che sbattevano dentro l’animo, le mille cose che avevo da dirti, e le migliaia che ancora vorrei dirti.

La Grecia piange e io piango insieme a lei. Forse è triste perché la sto lasciando, perché vado via. Il cielo è coperto, dappertutto, dal sud al nord e il sole non si vede affatto, da stamattina all’alba. Mi è venuto da piangere, mi dispiace di essermi mostrato così fragile a me stesso, ma non sono riuscito a trattenermi, lì, da solo, a bagnare di lacrime il foulard grigio che mi ha accompagnato in queste due settimane. Anche se qualcuno ha cantato in una canzone che ogni lacrima è un segreto e anche se qualcun altro potrebbe dirmi che un uomo vero non piange, la cosa non m’importa, sono uomo, diceva Terenzio in latino, e nulla di ciò che è umano mi è estraneo, anche le lacrime. Piangevo le mie lacrime al vento, dove nessuno poteva vedermi, perché avevo gli occhiali da sole addosso. Sai quando ho iniziato? Appena in lontananza ho visto sirene, luci, lampeggianti, frecce accese dappertutto, sono passato piano piano in mezzo a quel baccano: un tir, fuori strada, vetri ovunque.
© Luca Occhilupo
Ho immaginato l’autista sanguinante che chiedeva aiuto e non sono riuscito a trattenermi e ho iniziato a piangere, mentre da Patrasso ero a 140 km: piangevo per quell’autista e mi chiedevo se a casa aveva qualcuno che piangesse per lui. Ho pensato a quella frase di un film: i veri problemi della vita saranno cose che non t’erano mai passate per la mente. Ho pensato a chi piange per un 5 nel compito di latino o un debito in matematica, chi fa una tragedia per il fratello o la sorella più piccoli che hanno preso in prestito i vestiti, chi non voleva il ketchup sulle patatine e chi la carne la voleva molto cotta, chi si dispera per la ragazza o il ragazzo che hanno dato buca, chi passa la notte in bianco per l’interrogazione o l’esame del giorno dopo. Si può piangere per tutto questo? La risposta è si, se accade si può piangere per tutto questo, anche perché i problemi della persona dipendono dalla maturità e dall’età della persona stessa.
© Luca Occhilupo
Si piange per questo, ma si deve piangere e preoccuparsi soprattutto quando un’ambulanza ci sfreccia davanti a sirene spiegate, si deve correre quando un uomo chiede aiuto o quando si sente un grido di disperazione, ci si deve attivare alla vista del sangue o del dolore. Io ho pianto per un uomo che non conoscevo e che mai conoscerò, ma in quelle lacrime c’era molto altro: c’era tutta la stanchezza e le ore di sonno perse, c’era il freddo preso lì sui monti alle 11 di sera, c’era la mia voce lasciata qui in Grecia, c’era mio padre che chissà forse aveva bisogno di una mano col lavoro, c’era mia madre a cui mancavo e che si preoccupava per la mia salute, c’erano i miei fratelli che volevano un saluto, c’era la febbre che ho avuto l’altro ieri e che forse avrò domani, c’eravate tutti voi, sia quelli a cui sono piaciuto sia quelli che si sono addormentati ascoltandomi, c’erano tutte le belle donne che ho visto su ogni lungomare in cui sono stato, c’erano le antiche rovine e i musei che mi hanno affascinato, c’erano i tramonti, c’erano soprattutto tutti gli animali investiti sulla strada che ho incontrato nei km e km macinati, c’erano tutti quei gatti e quei cani a cui la vita è stata tolta così, gratuitamente, e ognuno di loro mi ha fatto commuovere, c’era un bambino che ieri mi ha chiesto l’elemosina e il mio euro l’ha portato al settimo cielo, c’erano tutti gli amanti che ho visto abbracciati e tutti i loro baci al tramonto, c’era questo e molto altro che ora non ti dico.
Un saluto a tutti coloro che si sono emozionati per i versi che ho letto, che hanno sentito quello che ho sentito io, e un abbraccio grande quanto il mondo a tutti coloro che ne hanno bisogno, perché è così bello abbracciare, a volte.

Dopo la vittoria riportata nella battaglia di Zela, Giulio Cesare esclamò felice e sicuro ai suoi luogotenenti: “veni, vidi, vici.” Sono arrivato, ho visto, ma non so se ho vinto, sta a voi il verdetto.


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