6 maggio 2014

TEATRO | La classe digerente di Elio Crifò al teatro Golden di Roma

Come suonerebbe bene un ministro dell’economia il cui cognome è Denaro? Non è un semplice gioco di parole ma il suggerimento di Elio Crifò, ospite del teatro Golden di Roma per tre repliche domenicali da marzo ad aprile 2014, è che il famoso mafioso Matteo Messina Denaro la smetta di fare il latitante e si dedichi a quella che è la sua vera vocazione: la politica.
Difficile da digerire come provocazione quella di essere un popolo che meriti un mafioso come governante, ma in realtà il nostro apparato digerente dimostra di sopportare ben altro. Il monologo scritto e interpretato da Elio Crifò dimostra uno studio approfondito dei fatti che hanno coinvolto il Bel Paese e non solo e con ironia, arguzia e tanta provocazione lo spiattella davanti al pubblico romano non supportando l’assunzione con un gastroprotettore, le sue parole scivolano giù come un amaro a fine pasto.


In una condizione come la nostra piena di ombre, di eventi straordinari propinati come coerenti e nei quali non riusciamo a vedere alcuna illogicità, bisognerebbe trovare forse la soluzione più paradossale: rivolgerci a un mafioso colto, intelligente che, guarda un po’, riesce a sfuggire alla polizia dal 1993. Ma perché rimanere latitante? Si chiede l’autore e interprete de La classe digerente. Analizzando l’attuale classe che governa il nostro paese, che gestisce la ricostruzione aquilana e si impegna nella TAV propone un uomo capace e intelligente che maneggia denaro e guida a distanza le nostre vite non prendendosene i meriti e con la stesso atteggiamento forte e caparbio si mette alla pari dei dirigenti politici che alla fine compiono azioni analoghe alle sue, ma senza il suo stesso stile. Bisognerebbe prendere esempio dalla yacuza, la mafia giapponese, che in occasione dei disastri nipponici si alza le maniche per supportare la popolazione in difficoltà, che non limita l’evoluzione del paese, ecco perché la nostra mafia deve, invece che far da leva sull’organizzazione politica, diventare l’unica responsabile gli appalti portandoli a termine facendoci tutti i soldi che vuole, ma proseguendo i lavori come è abituata a fare, non lasciando nulla a metà.


Detto così sembra veramente irragionevole ma Elio Crifò nei due tempi del suo monologo ci sbatte in faccia tutte le nostre contraddizioni quotidiane e lo fa con arguzia e con competenza e alla fine riesce a risolvere la questione solo con un’assurdità, perché in una situazione di inganni, di compromessi, di banchieri che spariscono in condizioni quanto meno straordinarie e di scuole genovesi invase da poliziotti guidati non si sa da chi bisogna pur provare a fare qualcosa, non ci si può solo lamentare e piangere che qualcuno dall’alto faccia qualcosa. La “mala razza” non può essere debellata da un Cristo in croce, lui stesso è lì a intimare che l’azione parta da noi.
Le ombre che coprono il nostro agire quotidiano e che non smuovono più le nostre coscienze, potrebbero forse essere spiazzate da un’entrata in politica di un uomo che ha ucciso, truffato, e non si sa cos’altro, e nel rifletterci quella dell’attore romano non sembra neanche tanto assurda come proposta, in fondo che differenza c’è con alcune figure presenti nella quotidianità politica del nostro paese?



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