15 aprile 2009

INTERVISTA | Tra tendenze e nuove generazioni, Luca Diffuse




"Outsider, sono cresciuto nella banlieue parigina. Ho studiato architettura a Roma laureandomi con lode. Mi interessa una architettura semplice, concreta, luminosa costruita attorno all'intimità delle persone. Lavoro a partire dalla osservazione dei comportamenti, con l'idea di offrire edifici e spazi che consentano a chiunque di mettersi in scena in modo soddisfacente".
Con queste parole Luca Diffuse si descrive su lucadiffuse.net ed ecco come ha risposto alle nostre domande.

Roberto: Mi puoi raccontare come è iniziata la tua storia di progettista?
Luca: Non so se ho una storia di progettista. Comunque re-inizia piuttosto spesso. Basta poco. Ci sono queste cose che mi succedono… gli incontri certo, oppure riesco a prendermi un po’ di tempo per fare ricerca oppure un progetto si rivela in modo inatteso denso di possibilità capaci di modificare una progressione stabile da troppo tempo. Gli incontri con le persone hanno questa capacità di rottura. E’ che non penso di essere così bravo, allora la gente davvero solida mi impressiona molto. Ad esempio tu sei lì e vedi Kazuyo Sejima con una mano posata sul muro che cerca l’equilibrio mentre si toglie un tacco 10 di Prada per indossare un paio di ballerine in modo da sentirsi più a suo agio dopo la presentazione dell’allestimento alla basilica palladiana. L’incontro con Sanaa è ancora così importante per me. Quanto mi fanno stare bene le loro atmosfere. L’intensità della loro ricerca e la semplicità con cui la realizzano e la comunicano. (bellezza disarmante).
Incontri come questo mi resettano, è ovvio. Ti trovi ad avere a che fare con una semplicità davvero complessa da modellare. (Leggetevi questo) Ma proprio questo mi piace, che nel lavoro di chi ci sa fare sul serio tutte le fatiche, le tensioni, l’allenamento, l’esaurimento estetico che la progettazione porta con se si risolvono con semplicità e leggerezza nel momento in cui il progetto arriva alla deadline.
Sarebbe comunque deprimente se gli incontri si esaurissero in una processione di architetti ed edifici. (Annie Choi) Chiaro che molte direzioni progettuali o di ricerca sono determinate da film, giochi, letture, daydreaming personalissimi, passeggiate, ragazze, everyday life. Non so vuoi una lista di cose recenti e/o di qualche mio personale classico? Ma si dai, senza nessuna pretesa. Sparklehorse - Good Morning Spider / Midlake - Bamnan and Slivercork / Andrew Bird - The Mysterious Production of Eggs / Radiohead – In Rainbows / David Foster Wallace – Infinite Jest / Civil warland in bad decline – George Saunders / The rise and fall of third reich – W. L. Shirer / Lost in translation – Sofia coppola / Synecdoche new York – Spike Jonze, Charlie Kaufman.

R: Esiste un tipo di architettura o un architetto da prendere come modello nella progettazione?
L: Ho qualche problema con le citazioni. Mi piacerebbe che non mi ridessero in faccia Gabriele Mucchi, David Foster Wallace, Luigi Moretti, Alan Turing. Vorrei riuscire ad eccitare Carlo Mollino. Vorrei poter cambiare la risposta a questa domanda ogni venti minuti. Infatti la cambio subito, che qui sta piovendo davvero forte ed ho tutti questi tetti dei warehouses davanti. Allora viene da scordarsi di tutto e ti dico che mentre disegno penso sempre ai pomeriggi estivi. Al modo in cui il tempo rallenta quando si scende in spiaggia.

R: Quali sono le parole chiave nel tuo lavoro?
L: People behaviours, daydreaming, everyday life, normality, rooms, under tone, intimate, atmosphere, dense.
Poi ancora qualche problema con le citazioni, però prenditi questa, verso la fine.
“Io sono più interessato a problemi intimistici, problemi minori diciamo, che cos’è una architettura intorno al corpo della gente, intorno alle tristezze ed alle paure della gente piuttosto che all’architettura come spettacolo gigantesco ed impressionante.”
Per l’inaugurazione di un nuovo spazio per l’arte contemporanea a Palermo ci chiesero anche lì una serie di parole chiave. Appena raggiungo l’hard disk esterno che ho a casa te le invio... Eccole: nidi, comportamenti, in una stanza, giardino, adidas, intrattenimento, pomeriggi,o sogni, Diffuse, Egnéus, Tesse, playstation due, toccare, ad occhi aperti, pvc, tvc, fps, tvb, tvtb, ussr, impianti nucleari, contenuti speciali, pioggia, cortile, quartieri, cavi, trasparente, foreste, ragazze, cattive, la citta’ intima, freddo, quotidiano straordinario. Si, sono praticamente le stesse di prima.

R: Cosa vuol dire fare architettura?
L: Essere aperti. Non sentire l’urgenza presuntuosa di esprimere se stessi. Essere vuoti. Non contiamo nulla come progettisti se non quando pensiamo alle persone che useranno gli spazi che disegniamo. Non siamo niente.

R: Daniel Egnéus compare spesso con i suoi disegni nella rappresentazione dei tuoi progetti. Quanto è importante l'impatto visivo di un'immagine dal punto di vista della comunicazione?
L: Non mi frega niente di quanto una immagine conti per la comunicazione del progetto. Non è questo il senso del mio lavoro con Danne o con Valentina Gruer. Lavoro con loro perché ero esausto delle modelle scontornate messe a buffo nei renderings dozzinali attraverso cui si esprime l’architettura contemporanea. I progetti sono già nei comportamenti più naturali delle persone. La gente sa cosa vuole da uno spazio e l’architetto dovrebbe fare davvero poco attorno a questi gesti.
Ed invece tutti questi render affollati di omini grigi e semitrasparenti… Ma chi vuole essere semitrasparente? Almeno Adidas quando ti vuole vendere un paio di sl 72 a sessanta euro ti offre una immagine aumentata di te stesso, più magro, più veloce. L’architettura ti opacizza e ti fa scomparire. Grossa strategia di marketing, complimenti.
Comunque.
Capita anche che un giorno mi sia trovato io stesso ad essere scontornato ed inserito in un rendering dello studio cinese Pei Zhu. Una delle cose più strane che mi siano capitate. (E’ il progetto per l’art museum for artist Yue Minjun, sono quello in basso a destra nella ottava slide). Non so bene quando mi abbiano fotografato e dove. Gli ho scritto dicendogli che stavo piuttosto bene nel loro progetto, ci sentiamo ogni tanto e anche loro vorrebbero venire a vivere in un mio prossimo progetto.

R: Intimate museum, Clearings World Tokyo e Some waste, mi parli di questi progetti?
L: Intimate museum. E’ un edificio capace di accogliere i sogni ad occhi aperti pomeridiani o quelle ore di tempo perso dalle adolescenti nelle loro stanze. Qualcosa come l’apertura del diario delle sorelle Lisbon in Virgin Suicides. Qualcosa come city of girls, l’allestimento del padiglione giapponese alla Biennale di Venezia di Kazuyo Sejima.
Clearings World Tokyo. Danne è cresciuto in un piccolo paese a 100 km da Goteborg. Ogni tanto racconta di questa festa primaverile durante la quale – la sera – i bambini entrano nel bosco per raccogliere sette fiori diversi con cui comporre una collana che messa sotto il cuscino gli consentirà di esaudire un desiderio al mattino. Nel bosco però i bambini possono essere ammaliati da ragazze dalla bellezza illusoria che in realtà hanno la schiena cava. Abbiamo lavorato su questa storia per realizzare uno spazio per la vendità di prêt-à-porter a Tokyo.
Some waste. In genere sono piuttosto triste quando devo consegnare un progetto. Non mi piace interrompere quella progressione continua dei modelli che è il mio modo di lavorare. Non mi va giù di mettere a posto e non vedere più intorno tutto il making of. L’estate scorsa mi sono preso dieci giorni per lavorare in senso grafico proprio con questo tipo di materiale. Con quello che altrimenti verrebbe buttato via. Sono stati giorni molto piacevoli.

R: La crisi economica che stiamo vivendo in che misura influenza l'architettura e il design?
L: Prima di ripartire per NY (attualmente vivo a Brooklyn - Bushwick) ho fatto qualche scansione del libro di Koolhaas. Parlando della crisi del ’29 cita qualcosa del genere: "era chiaro che per un bel pezzo nessuno avrebbe più costruito nulla, gli architetti avrebbero avuto allora tempo per pensare". Come dire, magari fosse.
Poi non so. Io non ho la tele e mi tengo informato attraverso canali davvero personali. Dal mio punto di vista non ho percezione di crisi. La benzina e la spesa costano meno di un anno fa, i mutui sono bassi e gli affitti anche. Un paio di giorni fa ho fatto una passeggiata in bici dalla 14-esima fino su intorno alla 70-esima. Ho visto almeno 30 edifici in costruzione oltre i trenta piani.
Ti butto lì una possibile interpretazione di crisi. Secondo me è un ottimo escamotage comunicativo attraverso il quale società che hanno organici di dimensioni pre-informatiche possono licenziare le valanghe di dipendenti che hanno determinato il successo dei social networks alla facebook. E far lavorare sul serio gli altri.

R: E' sufficiente amare il progetto per riuscire a creare un risultato perfetto? Come si fa a capire se un progetto è ben riuscito?
L: Non lo so. Di sicuro ci vuole poco a capire quando non è riuscito. Può essere molto doloroso e non ti dico altro. Un progetto riuscito ha invece modalità meno clamorose. Entra nel quotidiano delle persone offrendo momenti piacevoli. Entra nella vita del quartiere. In questo momento ti scrivo da Archive (bogart street brooklyn), un caffè, free wireless, dvd rent e altre 18 cose accanto alla stazione Morgan della L. Puoi stare qui concentrato a lavorare, puoi decidere di chiacchierare. Come in un parco puoi sempre trovare in modo molto delicato il posto adatto al tuo umore, alle tue esigenze di luminosità e concentrazione. Puoi farti un sonno sul divano. Avranno avuto a disposizione un budget di 5-6000 dollari però sono stati molto sensibili e questo posto è davvero importante per la qualità della vita delle persone e la produzione creativa nel quartiere. Poi si, bisogna lavorare con amore.

R: Il pianeta terra è uno spazio grande ma non infinito, attualmente siamo in più di 6 miliardi di persone a viverci e si suppone che nel 2025 saremo in 8 miliardi. L'architettura dei prossimi anni sarà sempre più orientata a costruire edifici ad alta densità? Non sarebbe meglio "rivisitare" le architetture già esistenti anziché continuare la cementificazione che abbiamo subito negli ultimi anni?
L: Demolizione-ricostruzione e un lavoro intelligente, poetico e divertente sugli spazi interstiziali. Guarda questo.

R: Come definiresti il lusso negli anni in cui viviamo?
L: Non ne ho idea. Sono un po’ distante dal lusso. Due giorni fa però ho trovato molto divertente l’upper west side. Come dire, non mi sentirei a disagio a vivere in un 30-esimo piano con vista su Central Park.

R: Hikikomori è un termine giapponese che sta a indicare un comportamento degli adolescenti e dei giovani post-adolescenti in cui si rigetta la vita pubblica e si tende ad evitare qualsiasi coinvolgimento sociale. Questo fenomeno sta prendendo piede anche in occidente? Che rischi corriamo?
L: Hikikomori vuol dire chiudersi, nascondersi nel guscio. E direi che capita a tutti. Non mi piace avere timore nei confronti dei nuovi comportamenti in cui la tecnologia gioca qualche ruolo, lo trovo un atteggiamento da telegiornale. Mi sembrano invece molto intensi questi momenti di chiusura e poi di riapertura all’esterno. Accanto al mio studio in piazza santa Cecilia a Roma, nella chiesa di San Benedetto in Piscinula, è visibile la cella (meno di due mq) in cui San Benedetto avrebbe trascorso 5 anni prima di iniziare la traiettoria che dalla valle dell’Aniene lo avrebbe portato a fondare l’ordine che porta il suo nome. Penso che una intensa concentrazione su se stessi possa poi portare ad aprirsi all’esterno in un modo molto consapevole e sicuro. In modo anche dirompente. Il termine Hikikomori è del resto prossimo a quello di Otaku, sostanzialmente il nerd occidentale.
Sono tornato a New York anche seguendo una esigenza simile. In questi mesi sento molto il bisogno di nascondermi e di fare un po’ di ricerca. Ho tolto dal telefono la scheda italiana per dire. Quando atterri a JFK passi prima quaranta minuti su Long Island, Jamaica e sulle Flatlands. Che sono già NYC ma sono anche un posto ideale per mimetizzarsi. Anche per questo ora vivo così ad est. Dovresti vedere il paesaggio così sparso e desolato.

R: Come comunicano le nuove generazioni?
L: Comunicano come noi. Anche se mi sembra divertente far scivolare jpegs sullo schermo dell’Iphone io farei forse più attenzione ai contenuti che ai media. Ma anche in questo senso, non so, in questo momento ho un discreto numero di ventenni attorno: mi sembrano mediamente reduci da sbronze, mediamente costruttivi e professionali, mediamente autistici, mediamente felici.

R: Qual'è il progetto a cui ti senti maggiormente legato e perchè?
L: Penso che ci vorrà un po’ prima di fare qualcosa che mi piaccia di più di alcuni momenti dell’Intimate museum. Non che le linee siano così a posto, ora mi vengono molto meglio, solo lì le ho messe giù per la prima volta. Poi era questo settembre così luminoso al Gianicolo, avevo uno studio storefront accanto alla casa di Pasolini di via Carini, Danne lavorava da noi prima di trasferirsi - mi sembra - a Milano, le passeggiate a prendere il sole sulle panchine a Villa Sciarra. Insomma quel tempo terso e disteso di cui parlavo prima.

R: A cosa stai lavorando in questo momento? Ci puoi anticipare qualcosa?
L: Niente di clamoroso. Sono piuttosto sospeso dall’attesa del risultato di alcuni concorsi. Nel frattempo uso i 60 mq di finestre del loft dove abito (sono le finestre dietro alla canna fumaria argentata) per realizzare modelli in carta chiara. Mi serve verificare alcuni comportamenti della luce sulle superfici che uso di solito. Poi sono rimasto molto colpito da alcune storie davvero intense che Danne sta scrivendo assieme alla sua ragazza. Vorrei cercare di trasferire la stessa intensità e poesia in un nuovo progetto architettonico.

R: Grazie per la disponibilità
L: Ok, intervista finita. Un saluto affettuoso a chi la leggerà. Baci.

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4 commenti :

  1. ciao roberto, grazie dell'affetto. l.

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  2. ciao luca, grazie a te per avermi concesso l'intervista, con i tuoi nuovi progetti torneremo ancora a curiosare dietro le tue finestre.
    un abbraccio
    roberto

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  3. un'intervista piena di belle emozioni! grazie.
    stimo entrambi....
    madam

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  4. grazie maria, spero d'incontrarti presto.
    un abbraccio
    roberto

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